A norma del nuovo art. 473 bis.49 c.p.c., “negli atti introduttivi del procedimento di separazione personale, le parti possono proporre anche domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio e le domande a questa connesse. Le domande così proposte sono procedibili decorso il termine a tal fine previsto dalla legge, e previo passaggio in giudicato della sentenza che pronuncia la separazione personale”. La novità è stata introdotta con riguardo ai procedimenti contenziosi di soluzione della crisi matrimoniale, nulla però dice il legislatore sulla possibilità di proporre le due domande nel procedimento consensuale. Dopo i primi mesi dall’entrata in vigore della Riforma, sono pertanto arrivate le prime pronunce della giurisprudenza di merito a riguardo, che offrono soluzioni non univoche e talora contrastanti.

Il Tribunale di Milano, ad esempio, è a favore del cumulo (cfr. 05.05.2023, n. 3542), avendo accolto il ricorso congiunto depositato da due coniugi ma onerandoli a ribadire dopo sei mesi dalla separazione la volontà di non riconciliarsi e di confermare le condizioni concordate in sede di separazione. Tale interpretazione si fonda sul tenore dell’art. 473 bis.51, a norma del quale “la domanda congiunta relativa ai procedimenti di cui all’art. 473 bis.47 si propone con ricorso”. Sebbene dunque il cumulo previsto dall’art. 473 bis.49 si riferisca solo al procedimento contenzioso, il richiamo plurale ai “procedimenti”, lascerebbe intendere l’intenzione del legislatore di ammettere anche nel procedimento consensuale e non solo in quello contenzioso, il cumulo delle domande di separazione e divorzio (il tutto ovviamente anche in conseguenza di complessive ragioni di economia processuale).

Al contrario, il Tribunale di Firenze (cfr. 15.05.2023, n. 4458) ha optato per l’inammissibilità del cumulo, omologando solo la separazione alle condizioni di cui al ricorso. L’interpretazione restrittiva del Tribunale toscano ha fatto applicazione del criterio ermeneutico espresso dal brocardo ubi lex voluit dixit. Poiché il legislatore, infatti, ha mantenuto distinta la regolazione del procedimento giudiziale da quello consensuale e previsto il cumulo solo per il primo, non sarebbe possibile operare l’estensione analogica della novità normativa.

Rilevando il contrasto di orientamenti, le posizioni divergenti dei Tribunali di merito e l’importanza della questione sul tavolo, il Tribunale di Treviso (cfr. ord. 01.06.2023) ha dunque richiesto l’intervento della Suprema Corte, con lo strumento del rinvio pregiudiziale. Si resta dunque in attesa della risoluzione di una delicata questione di diritto, destinata ad incidere nel prossimo futuro su un numero considerevole di procedimenti.