Il contratto di convivenza è un accordo scritto con cui i conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune. Gli aspetti non patrimoniali non possono essere oggetto di un contratto di convivenza e, dunque, sono esclusi. Requisito essenziale per poter predisporre un contratto di convivenza valido ed efficace è la sussistenza di un legame tra le due persone maggiorenni  (di diverso o dello stesso sesso) unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile.

Il contratto deve essere redatto in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata autenticata da un notaio o da un avvocato che ne attestano la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico.

Ad ogni modo è comunque possibile disciplinare diversi aspetti patrimoniali tra le parti sottoscriventi un accordo di convivenza: tra questi, ad esempio, (i) le modalità di partecipazione alle spese comuni e di contribuzione reciproca nell’attività lavorativa domestica ed extradomestica, (ii) i criteri di attribuzione della proprietà di beni acquistati nel corso della convivenza, potendo addirittura stabilire una sorta di regime di comunione o separazione dei beni, (iii) le modalità per la definizione dei reciproci rapporti patrimoniali in caso di cessazione della convivenza, al fine di evitare discussioni e rivendicazioni e, ancora, (iv) la facoltà di assistenza reciproca nel caso di malattia fisica o psichica o la designazione reciproca ad amministratore di sostegno.

Dal contratto di convivenza, dunque, derivano dei veri e propri obblighi giuridici a carico delle parti che lo hanno sottoscritto. Pertanto, nel caso di violazione degli obblighi assunti da una delle parti con il contratto, l’altra parte può rivolgersi al giudice per ottenere quanto le spetta. Inoltre, alla cessazione della convivenza, se il convivente versa in stato di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento, ha diritto di ricevere dall’altro gli alimenti per un periodo proporzionale alla durata della convivenza, nella misura determinata dall’art. 438, 2° co., c.c.

Per quanto riguarda, poi, la ripetibilità delle dazioni in denaro effettuate durante la convivenza, la Suprema Corte ha più volte ribadito che, qualora le somme elargite da un convivente in favore dell’altro vadano oltre i limiti di proporzionalità e di adeguatezza riferiti alla singola relazione, non possono ritenersi mero adempimento di un dovere morale e sociale insito nel rapporto di convivenza e, pertanto, configurano un indebito arricchimento con la facoltà di esperire la relativa azione giudiziale (cfr. Cass. 2392/2020 e Cass. 11330/2009).

Il contratto di convivenza, peraltro, si scioglie nelle ipotesi previste dalla legge, ossia in caso di morte di uno dei conviventi, di successivo matrimonio o unione civile dei conviventi tra loro o con terze persone, di accordo di scioglimento formalizzato dalle parti in un atto avente la stessa forma di quello originario. Quanto, infine, alla stipula del contratto, alla sua eventuale modifica o risoluzione, tali atti vanno tutti registrati all’anagrafe ed annotati nei relativi certificati.