La vicenda processuale trae origine dalla richiesta pervenuta (nei confronti di un’associazione sportiva dilettantistica, soggetto referente di altre nove associazioni sportive a quest’ultima collegate e di coloro che avevano agito in nome e per conto delle associazioni stesse) da parte del fisco del pagamento di avvisi di accertamento ai fini IRES, IVA ed IRAP. L’associazione coinvolta, secondo quanto accertato dai verbali di contestazione, si sarebbe resa protagonista di un’evasione fiscale dichiarando solo in parte i propri ricavi mediante l’escamotage della creazione di altre associazioni sportive, più o meno collegate, interposte alla prima realtà nelle emissioni dei vari effetti e, nello specifico, nella contrattualizzazione dei rapporti con i diversi sponsor del sodalizio. Tutte le associazioni coinvolte, quindi, avrebbero illegittimamente beneficiato delle agevolazioni fiscali sottese alla legge n. 398/1991 (agevolazioni fiscali per le associazioni sportive), motivo per il quale veniva sanzionata l’associazione insieme con il suo legale rappresentante. Confermato il provvedimento anche dalla Commissione Tributaria Regionale competente, veniva proposto il ricorso in Cassazione per contestare l’accertato quadro elusivo dell’operazione.

La Suprema Corte, nell’esaminare la vicenda, ha accolto il ricorso dell’ASD e cassato la sentenza di primo grado, statuendo che la Commissione Tributaria adita si era limitata a recepire passivamente la decisione di primo grado rendendo, pertanto, non chiare le regioni della decisione. Nello specifico, poi, della valutazione della posizione del legale rappresentante, la Corte ha ritenuto viziata la sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 38 del c.c., in quanto era erroneamente riconosciuto il profilo di responsabilità personale e solidale del rappresentante dell’ASD solamente in virtù della mera titolarità della rappresentanza dell’associazione stessa e non era stato, invece, accertato “[…] quale ruolo egli abbia rivestito all’interno dell’Associazione madre e se e in che misura abbia egli partecipato ad operazioni di gestione in nome e per conto dell’Associazione sportiva dilettantistica”. Pertanto, la responsabilità in capo a tale soggetto sussiste, a parere degli Ermellini, solo qualora vi sia una “[…] attività negoziale concretamente svolta per suo conto e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori tra l’ente e i terzi”. La figura, quindi, deve essere coinvolta nell’operazione illecita in via diretta, e non solo per il ruolo ricoperto, ritenendosi fondamentale la dimostrazione in tal senso di condotte concrete volte all’elusione fiscale e/o, quantomeno, ad una partecipazione in maniera attiva allo schema fraudolento eventualmente accertato.