La vicenda processuale trae origine dall’emissione di una misura cautelare a carico di un tesserato di una società sportiva dilettantistica. Quest’ultimo, secondo quanto era emerso nel procedimento penale a suo carico, aveva posto in essere atti sessuali ritenuti rilevanti, ai sensi e per gli effetti degli artt. 609 bis, 609 ter, ult. comma, 609 quinquies , co. 2 e 4, 61, co. 2 e 11 del codice penale, con un soggetto minorenne allenato dal tesserato.

Preso atto di ciò, il Tribunale, ritenendo i fatti ascritti al tesserato fondati, “non essendo necessario a tal fine, nell’ambito del giudizio sportivo, che gli stessi risultino consacrati anche da una sentenza penale passata in giudicato” ha applicato la massima sanzione prevista dall’art. 9, co. 1, lett. h), del Codice di Giustizia Sportiva FIGC, ossia l’inibizione per la durata di cinque anni, con la preclusione per il tesserato alla permanenza in qualsiasi ruolo e/o categoria ascrivibile alla federazione.

In tale contesto, veniva analizzata anche la posizione della società sportiva dilettantistica presso la quale il soggetto condannato era tesserato al momento dello svolgimento dei fatti, in ordine a possibili ipotesi applicabili di responsabilità oggettiva (spesso nel nostro Studio, prendiamo atto del quesito, colpevole il tesserato ed allora colpevole di default anche la sua società?).

Il Collegio, sul punto, ha ritenuto che la stessa dovesse invece essere prosciolta da ogni addebito poiché, se è pur vero che le società sportive rispondono, a titolo di responsabilità oggettiva, dell’operato dei propri tesserati, è altrettanto certo che debbano sempre sussistere dei canoni di ragionevolezza e buona fede nella valutazione complessiva di una vicenda ove si debbano attribuire delle responsabilità di sorta: in tale circostanza, allora, il Tribunale ha ritenuto che “non può certo imputarsi alla Società deferita un comportamento omissivo, sotto il profilo del controllo e della vigilanza per fatti ed atti che si sono sempre verificati al di fuori degli orari di allenamenti e in sedi diverse da quelle riferibili alla stessa”. D’altronde, così come sancito da recente giurisprudenza federale (cfr. TFN FIGC decisione n. 96/2021-2022) le società e le associazioni sportive non possono rispondere, in via oggettiva, dei comportamenti di propri tesserati allorquando non vi sia la possibilità materiale di controllarne l’operato, in assenza del benché minimo sospetto circa la possibilità di atti illeciti di cui questi ultimi possano rendersi protagonisti in violazione del Codice di Giustizia Sportiva.

Sostanzialmente, quindi, il requisito mancante per l’attribuzione di responsabilità si è rivelato essere l’assenza di un nesso di causalità tra i fatti ascritti al tesserato ed il dovere di controllo della società, prosciogliendo pertanto quest’ultima da ogni addebito originariamente ascrittole.