Nel caso in esame, il recupero del credito controverso era stato oggetto di un contenzioso tra la banca cedente e il proprio debitore culminato con la soccombenza della prima in appello.

La società di cartolarizzazione, presuntivamente cessionaria del credito controverso, impugnava pertanto la sentenza d’appello deducendo, a sostegno della propria legittimazione ad agire, di aver stipulato con la banca un contratto di cessione di crediti pecuniari ai sensi degli artt. 1, 4 e 7 della legge sulla cartolarizzazione (L. 130/1999)  in forza del quale aveva acquistato pro soluto alcuni crediti pecuniari, compreso quello controverso, vantati verso debitori classificati a sofferenza ed individuati in ciascun documento di identificazione allegato al contratto di cessione, e che di detta cessione era stata data notizia mediante avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, corredato dall’informativa ai debitori ceduti.

Ciò posto, tuttavia, la società di cartolarizzazione non aveva prodotto in giudizio il contratto di cessione né l’elenco specifico dei crediti allegato al medesimo, sicché la Suprema Corte ha avuto modo di precisare che: ““la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della cessione in blocco esonera la cessionaria dal notificare la cessione al titolare del debito ceduto ed è un adempimento che si pone sullo stesso piano di quelli prescritti in via generale dall’art. 1264 c.c., ma non esonera la parte che agisce affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui all’art. 58 TUB, dall’onere di dimostrare l’inclusione del credito per cui agisce in detta operazione; dimostrazione che –quando non sia contestata l’esistenza del contratto di cessione in sé – può dirsi soddisfatta tramite l’indicazione delle caratteristiche dei crediti ceduti, contenuta nell’avviso della cessione pubblicato dalla società cessionaria nella Gazzetta Ufficiale, là dove tali indicazioni siano sufficientemente precise e consentano, quindi, di ricondurlo con certezza tra quelli compresi nell’operazione di trasferimento in blocco, in base alle sue caratteristiche concrete; con la conseguenza che ove tale riconducibilità non sia desumibile con certezza dalle suddette indicazioni sarà necessaria la produzione del contratto e/o dei suoi allegati, ovvero sarà necessario fornire la prova della cessione dello specifico credito oggetto di controversia in altro modo.”

Il ricorso, dunque, è stato di dichiarato inammissibile proprio in quanto alla carenza documentale dimostrata dalla società di cartolarizzazione, la quale, non producendo il relativo accordo e la specificazione dei crediti ceduti, non è stata di fatto in grado di dimostrare la propria legittimazione ad agire.